mercoledì 3 febbraio 2010

Mafia e impunità

Minchia, la deposizione di Ciancimino fa tremare i palazzi del potere, oppure no?
Direi decisamente no. Ma la domanda sorge spontanea: perché no? Semplicemente perché dice qualcosa che già sapevamo. Questo è il grave, questo è il marcio della finta democrazia che già tutti conoscevamo. Sia a destra che a sinistra. Berlusconi attraverso il suo amico Dell'Utri è il referente politico della Mafia. Che c'è di nuovo? I Latini avrebbero detto nihil sub sole novis. Andreotti (ormai è una certezza anche giuridica) attraverso Salvo Lima era il referente politico della Mafia, oggi il referente è cambiato, ma politicamente la Mafia è sempre coperta dall'impunità. Bernardo Binnu Provenzano poteva tranquillamente girare l'Italia dalla Sicilia a Roma. Poteva andare a trovare il suo compare Don Vito Ciancimino nella sua casa di Piazza di Spagna. Ma la casa di un sospetto mafioso non era controllata? E nessuno si domandava chi fosse quel vecchio signore siciliano che spesso si recava a casa dell'ex Sindaco di Palermo (indagato per mafia)?
Ma Provenzano aveva già dato, saltando a piè pari le gerarchie di Cosa Nostra, intanto si era tolto di mezzo la sanguinaria ombra del Capo dei Capi Totò Riina che in fondo stava facendo più male che bene a Cosa Nostra con la sua stagione delle stragi di attacco frontale alla politica e allo stato. Cosa Nostra è un pezzo dello stato italiano, neanche il meno importante, un grosso pezzo dell'economia, non si può non tenerne conto e infatti lo stato italiano ha trattato sin da sempre anche perché la Mafia era un ottimo deterrente per eventuali alzate di testa del popolo siciliano. La strage di Portella della Ginestra aveva dato un segnale forte in questo senso e aveva fatto capire da che parte stava l'eroe popolare Salvatore Giuliano. Ma come Riina anche Giuliano rappresentava la Mafia militare e come Riina fu venduto allo stato. L'antimafia di allora descrisse questa cattura, e la conseguente uccisione, come un colpo mortale al banditismo mafioso e i Carabinieri se ne presero il merito anche se l'esecuzione di Giuliano avvenne, a quanto si sospetta, per mano della stessa Mafia che doveva arginare le stragi per trattare con la politica. Oggi, per bocca dello stesso figlio di Ciancimino, figlio di colui che trattava direttamente con i boss ed era il tramite fisico tra la politica e Cosa Nostra, sappiamo che Riina ha subito una sorte simile, venduto in nome di una tregua. Anche questa volta la cattura del capo più sanguinario della Mafia moderna viene fatta passare come una brillante azione dei Carabinieri. Mesi di appostamenti, falsi allarmi, ed era una fiction-reality, i vertici dell'Arma già sapevano e gli altri carabinieri si muovevano dentro una fiction scambiandola per la realtà. Un vero paradosso è che Mediaset (guarda caso) ne ha fatto davvero una fiction molto seguita.
Penso che se tutto ciò fosse stato scoperto durante la famigerata Prima repubblica il signor Berlusconi non l'avrebbe passata liscia. Non dimentichiamoci delle dimissioni di Piccioni al tempo del caso Montesi, o le dimissioni del Presidente della Repubblica Leone. Un periodo, quello della Prima repubblica durante il quale la P2 di Licio Gelli fu condannata come associazione a delinquere; oggi Cicchitto (già espulso dal PSI di Craxi appunto perché presente in una lista di appartenenti ad un'associazione a delinquere) può lanciare le proprie invettive contro la stampa libera da uno scranno da cui dovrebbe essere bandita per sempre la sua presenza in quanto eversore.

Oggi gli onorevoli parlamentari si stanno costruendo una sorta d'impunità alla "Lei non sa chi sono io..."
d'antica memoria.


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